martedì 16 dicembre 2008

Hanna e i suoi fratelli - parte 4/A - (sottotitolo: la luna e la cometa)




















Gironzolo come una mosca fra i vicoli, alla ricerca di un parcheggio, negli spazi oppressi dalle facciate chiuse, sul lato B, sporchino e deprimente dei grattacieli accostati, nel retrobottega della luminosa, caotica, trading avenue, la Quinta Strada.
Trovare un parcheggio alla distanza minore possibile dalla mia destinazione è un fatto essenziale. I quasi cinquanta gradi di temperatura, l'aria viscida d'umidità, impongono di calcolare bene le distanze da percorrere a piedi. Non è solo questione di sudore che incolla la maglietta alla schiena, le suole di gomma all'asfalto, in un minuto. Sono anche piccole dolorose piaghette che tendono a formarsi sul perineo, nell'afa tropicale che si crea fra le chiappe e lessa le mucose e la pelle là dov'è più delicata. Abluzioni con saponi all'avena colloidale e accurata asciugatura con salviette fresche alleviano il fastidio. Sono il malessere che senti come un mattone sullo sterno, la debolezza fisica che ti affloscia rapidamente. La giornata operosa è un continuo pellegrinaggio fra un ambiente climatizzato e l'altro, collegati da scale mobili che scendono all'inferno e poi risalgono.
Habib Exchange ci è stato consigliato, fra la miriade di altri, per la vicinanza, la relativa facilità di parcheggio in questa città caotica, e per il cambio favorevole.
Mi pagano in Euro, una buona parte direttamente in conto corrente, un'altra in contanti da cambiare sul posto, settimanalmente. Vale anche per gli altri italiani che lavorano qui con me. Io e Little Breast scendiamo dall'auto e zigzaghiamo fra le altre parcheggiate, cercando di raggiungere speditamente il varco che si apre sulla Quinta.
Little Breast è il suo nik name operativo. L'ho conosciuto qui. Romano, prossimo alla pensione, l'hanno mandato per premio. Premio per lui, evidentemente, croce per me che devo assisterlo. E' un bravo diavolo, un pò romanamente sbruffone, ma ha un cuore generoso. Dopo tante battaglie, litigi a voce alta, incomprensioni, devo riconoscerglielo. Dunque, con Little Breast ho diviso per un bel periodo la camera d'albergo e torride notti al lavoro. Il problema è che lui non era minimamente skillato per l'attività che dovevamo svolgere in team. Non sapeva neanche accendere il PC. Inglese zero. Procedure operative zero. Situational awareness zero. Un pesce fuor d'acqua. Nel suo lavoro probabilmente è un mago, anzi, di sicuro. Ma qui siamo contati e lui è un peso piuttosto che una risorsa. Avrebbero dovuto rimandarlo a casa con il primo volo disponibile.Dura da digerire per uno a fine carriera, soffriva come un cane. Ha fatto progressi quasi miracolosi, in qualche modo, alla fine, riusciva a lavorare al PC, limitare gli incasinamenti, mandare baci e abbracci al cellulare, in inglese cuneiforme, ad una puttana siriana conosciuta in un locale.
Io sono il badante di Little Breast. Gli leggo i menù dei ristoranti, lo accompagno al barber shop, lo accompagno ovunque, a fare shopping, traduco tutto. L'handicap della lingua è una spessa barriera fra lui e la città. Una notte mi tocca anche portargli in camera, dietro accorata supplica in ginocchio, con l'occhio umido d'agnello, due -esatto, due- hostess, una ukraina e l'altra turca, una bionda e l'altra mora, tutte due altre tre metri. Ha buon gusto Little Breast. Gli ho chiesto se dovevo rimanere per tradurre gemiti e sospiri e questioni tecniche relative all'amplesso a tre, che pur richiede un pò di disciplina. Mi ha spinto fuori dalla camera con ferma risolutezza. Con lo spazzolino da denti in mano sono salito di qualche piano a farmi ospitare dal buon Lillo, che non mi ha fatto chiudere occhio per il suo russare. Assolutamente scandaloso. Il russare di Lillo.
Little Breast era arrivato in Medio Oriente, qualche tempo prima di me. L'ho trovato gentile e discreto, spaesato, alla ricerca di qualche riferimento certo come chi non è abituato ad essere via da casa, abitudinario come un uomo sposato da trent'anni. In effetti è stato sposato almeno trent'anni, i figli cresciuti, la moglie l'aveva lasciato da poco e, nonostante le speranze di lui, dai suoi discorsi traspariva, inconsapevolmente, la certezza che non sarebbe più tornata. Le mogli ci mettono trent'anni a decidere, talvolta, poi non tornano proprio più. I messaggi che lei avrà mandato, i discorsi, le preghiere, saranno scivolati sulle abitudini di lui, fondate sulla certezza che lei c'era, ci sarebbe sempre stata, e dove mai avrebbe potuto a andare cinquant'anni suonati?. Da sua madre. Sarebbe andata da sua madre. E buonanotte al secchio.
E lui era avvilito. Tagliato fuori dalla vita. Per aver vissuto, parallelamente a quella vera, la vita virtuale del matrimonio, della sicurezza delle abitudini, della certezza del piccolo mondo familiare, senza mettersi in gioco più. Quando questo piccolo castello si disfà, il mondo là fuori fa davvero paura. Fiumi senza ponti. Strade senza indicazioni.
Gli ho detto:"no, guarda, tu conciato così con me non esci". Gliel'ho detto con affetto, nonostante lo conoscessi da un paio di giorni. Siamo risaliti in camera a setacciare il guardaroba. Si era presentato con una camicia scozzese da boscaiolo, intruppata dentro jeans ascellari, mocassini ai piedi. No, guarda, così va benissimo se mi vieni a trovare fra le mie montagne, nella mia terra rurale e concreta. Qui devi aggiungere l'effimero, sforzarti di sentirti figo e dinamico. Così diventerai figo e dinamico che è quel che sei, se vuoi. Nel giro di qualche mese, grazie alle frequentazioni di giovani colleghi, nuove amicizie, un rinnovato senso di self confidence, Little Breast è diventato irriconoscibile. Il beniamino di tutti. Uomo alla gran moda, ciondoli al petto, camicie aperte fatte su misura da Select Tailor, il nostro sarto indiano sosia di Omar Sharif, jeans rotti, flip flop di cuoio, abbronzatura alla Briatore. Soprattutto sicuro di sè, spavaldo. La figlia venuta a trovarlo, scesa dal taxi si è messa le mani nei capelli: "no papà, non puoi essere tu!".
Questa tirata a lucido esteriore si era sommata alla sedimentazione stratificata di un'educazione d'altri tempi che lo rendevano un Gentleman. Puttane a parte.
Per dire il vero, mi aveva confidato che non faceva l'amore da tre anni. Abbiamo convenuto, unanimemente, fra colleghi, che gli ci voleva una scopata con i fiocchi, per scrollarsi di dosso tristi fantasmi e ragnatele. E, essendo il mercato del sesso, negli Emirati, un'industria così fiorente da venire subito dopo petrolio, oro e pietre preziose, venute meno le sue comprensibili remore, dopo un pò, Little Breast ha dato inizio a una stagione degli amori, seppur mercenari, degna di un Re della Foresta.
La bella signora turca che gli fece visita la prima volta, the very very first time, che accompagnammo fin sulla porta, e alla quale era stato richiesto di essere soprattutto gentile, andandosene, riferì che lui era stato dolcissimo. Che il rapporto si era concluso in cinque minuti. Ma che poi lui l'aveva abbracciata e accarezzata fra i capelli fino ad addormentarsi entrambi. Da lì a breve capimmo di aver liberato dalle catene un mostro. Mi ha confidato qualche mese fa, a distanza di tanto tempo, di aver vissuto laggiù l'esperienza più bella della sua vita. Il caro amico Daniele, che l'ha visto di persona, mi ha detto, con una vena triste nella voce, che Little Breast, purtroppo, è un pò regredito. Ha riacquistato alcuni degli anni di vita di cui si era faticosamente liberato. Il ritorno alla vita normale, quando torni dallo spazio siderale, non è mai indolore.
Ad ogni modo non mi piaceva dover cedere la camera ad ogni piè sospinto, cercare ospitalità altrove, far cambiare la biancheria a Mùstafa nel dubbio, dopo aver trovato una volta un perizoma abbandonato fra le mie lenzuola. E poi, anche senza le amichette di Little Breast, non mi era facile riposare. Lui russava. Mi svegliavo e nella penombra vedevo la luna fosforescente stagliarsi sul candido copriletto di morbidissima piuma del letto a fianco, nella nostra king size room. Era il culo tondo di Little Breast che aveva preso a dormire nudo.
Visione angosciante. Ti prego mettiti le mutande.
Niente da fare.
Allora gli ho raccontato la storia.
L'ho raccontata a tavola in un dopocena rilassato, affinchè potesse essere ancora più subliminale il messaggio che stavo inviando.
La storia è storia di gioventù, avevo vent'anni. Ero innamorato di una ragazza, che poi ho anche sposato, e che si trasferì per lavoro a Lugano. Io lavoravo a Treviso e facevo la spola con Lugano ogni week end. Padova Vicenza Verona Bergamo Milano Varese Chiasso Lugano andata e ritorno. E nel mezzo baci, coccole, notti insonni, discorsi, far l'amore a spron battuto, dormire neanche a parlarne. Una faticaccia. Tanto che, ad ogni ritorno mi ripromettevo, risoluto, la prossima settimana no, riposo. Il buon proposito rimaneva solido fino al martedì. Poi cominciavano ad insinuarsi la pulce del dubbio, il tarlo del desiderio. La voglia di riabbracciarla. Venerdì partivo per Lugano facendo fischiare le gomme. Once again.
Fu in uno di questi ritorni, sarà stato la fine di un giugno caldissimo, che successe il fatto. Tornai distrutto. Arrivai nell'alloggio che condividevo con Vincenzo verso le nove di sera e stramazzai sul letto forse ancora vestito o quasi, lasciando la borsa tale e quale sul pavimento. Vincenzo è un giovanottone simpaticissimo, bello tondo e con il faccione che praticamente è John Belushi sputato. Siamo amici. Torna anche lui dal week end fuori, la domenica sera tardi. Lo sento anche per un attimo, accende la luce, mi vede nel letto e, con grande senso dell'educazione, rispegne subito. Fa le sue manovre al buio e si mette a letto, lenzuolino di cotone, finestra aperta. Afa che il Sile a pochi metri di distanza, non mitigava affatto. Io dormo come un sasso.
E poi sogno
Sogno da stanchezza. Sogno che lì nella stanza, nell'altro letto, nuda, c'è la mia ragazza. Incoscientemente mi alzo. Mi denudo completamente. Con il turgore dei miei vent'anni che puntava irriverente al soffitto, come un Moschetto da Balilla. Circumnavigo il mio letto diretto dalla mia amata. Ne sento il profumo della pelle, ne assaporo già il sapore, il suo desiderio caldo e umido. E' un momento bellissimo. Alzo il lenzuolino per sdraiarmi al suo fianco e abbracciarla. La voce tremula e fioca di Enzo rompe l'incanto: "che cazzo fai?". Enzo dalla paura ha assunto la posizione fetale, è rimpicciolito fino quasi a scomparire nel letto. Io ricordo un'angoscia che mi assaliva dallo stomaco e saliva sù. Cercavo di capire cosa stesse succedendo. In piedi, nella notte della stanza, la mia figura e quella del mio pene proiettavano un'ombra mostruosa e irreale contro il muro illuminato dalla luce della luna. Avrei voluto sprofondare. Ma, ne sono certo, quell'erezione impudica, mi avrebbe impedito perfino quest'uscita di scena indecorosa, come fosse un ramo proteso sulle sabbie mobili.
Enzo è un amico, gli offro caffè da vent'anni, per comprarne il silenzio.
Da quel racconto, da quella confidenza rivelata, Little Breast, uomo d'altri tempi, legato alla tradizione e rispettoso, della leggenda e vieppiù dell'epica, si è rimesso indiscutibilmente le mutande.

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