Sogno poco. Perlomeno non ricordo i sogni che faccio, quasi mai. Incubi, sogni erotici, stranezze, sono una rarità, forse una volta all'anno. O forse meno. Non so di preciso.
Stanotte ho fatto un sogno. Forse era l'alba, subito prima di svegliarmi. Forse è anche per questo che lo ricordo.
Sicuramente lo ricordo perchè mi ha turbato, mi sono svegliato turbato e il turbamento mi ha accompagnato un po' per tutto il giorno. Mi ha accompagnato quando ho fatto l'aspirapolvere e lavato i pavimenti, quando ho steso la biancheria, quando sono uscito sul balcone a fumare, quando mi sono preparato l'insalata. Me ne voglio liberare. Ne scrivo qui, lo lascio qui. So che ci penserò forse ancora un pochetto quando più tardi andrò a letto. Poi basta. Facciamo che appartiene a questo mondo di squoladivolo e sta bene chiuso qua dentro. Il mondo di squoladivolo è un pianeta lontano, ci vuole un razzo e tanta energia per lasciare la terra e approdare quassù. Non ho energia a sufficienza, e poi come su marte, è controverso che ci sia, ci sia mai stata, dell'acqua. Quassù.
Ho sognato che era forse un pomeriggio. Io ero intento a curare degli arbusti, con poche foglie. Ero vestito come quando si va nell'orto, o come quando si fa la legna nel bosco. Avevo un cappello largo in testa. Stavo su un lastricato di pietra, su di un lato di un'abitazione. A delimitare il camminamento un muretto e sopra di questo un terrapieno pendente, in salita. Sul terrapieno le piante, rade, che dovevo potare. Il terrapieno, scosceso, era ampio un paio di metri e poi, da lì sopra, si innalzava un altro muro, di pietra, Questo muro di contenimento era alto a sua volta un paio di metri e lungo quanto il camminamento, finiva dietro la casa. Questo muro nascondeva una strada, che passava di sopra.
Dalla strada, dietro il muro, ad un certo punto arrivi tu. E ti sporgi un pochino a vedere di sotto.
Ti vedo e faccio come se non ti avessi vista. Tengo la testa bassa e continuo con le mie piante. Questa cosa però mi agita un po'. Anche tu mi vedi. Ci siamo visti. E il tempo si ferma per un attimo e galleggia per qualche istante. Guardi di sotto facendo finta di non avermi visto, fai andare lo sguardo un po' a caso. Come uno che curiosa giù da un muretto, pensando che ci sia qualcosa da curiosare. Probabilmente non sei sola. Rimani lì sopra. E non ci curiamo della presenza reciproca, la situazione però mi fa battere il cuore un po' più forte. E anche a te, io lo sento.
D'improvviso ti cade qualcosa. Vola giù dal muro, leggero, e arriva ai miei piedi. E' una stoffa marrone caffelatte, uno scialle, una sciarpina. Io la raccolgo, e il marrone è invece più scuro. Forse ti è scappato dalle mani. Forse è stato un soffio di vento. Forse l'hai fatto cadere apposta. Io non lo so.
Però, senza sollevare lo sguardo ti dico che non lo riavrai senza scendere di sotto a riprenderlo dalle mie mani. Se lo vuoi vienitelo a prendere.
E tu scendi. Per la prima volta ci troviamo di fronte alla distanza di un braccio.
Ti restituisco la stoffa, tendo il braccio e te la do, senza dirci una parola. Non vedo il tuo volto. Solo la chioma dei tuoi capelli.
Siamo in montagna, ma non vedo le montagne, siamo dietro la casa dei miei, ma non è la casa dei miei.
Decidiamo di passare il pomeriggio assieme e vediamo cose bellissime. Prati verdi, un lago, boschi.
Ad un certo punto ci troviamo molto vicini, l'un l'altro di fronte, Ci sentiamo molto sereni. Un qualcosa ci avvicina e ci attrae. Tu sorridi. E ci baciamo di un bacio infinito. Di un amore risolto. Di una bellezza sconvolgente.
Decidiamo, ma è naturale, che iniziamo una nuova vita. Vivremo assieme. Buttiamo tutto all'aria.
Dobbiamo preparare le cose, partire. Non abbiamo molto tempo. Io devo tornare a casa. Spiegare la situazione ai miei, organizzarmi per andare. Non so se dobbiamo prendere un battello che scende un grande fiume, E' ormeggiato ad un pontile, di là del fiume.
Però a casa la mia gioia si smorza. Sono tutti amareggiati, incazzati, tristi. Ci sono in visita anche i cugini di mio padre che vediamo ogni dieci anni. Sono imbarazzati. Mio padre credo che non mi dica niente. Mia madre, ci pensa lei. Mi dice se davvero voglio per l'ennesima volta buttare a mare la mia vita, che questa cosa l'ho già fatta più volte. Mi dice di quanto male farò alla mia compagna. Io sento un peso, l' angoscia che aumenta, un senso di colpa. Mi schiaccia. Il battello è ancora al pontile. Il sole e la bellezza del giorno sono quelle di prima, ma io non ne sento più la gioia.
Senza neanche averti salutata mi sveglio. La luce filtra dalle tapparelle. Guardo il telefono e sono le otto e e venti. Rimango un minuto nel letto. Poi mi alzo a fare la pipì.
Poi vado in cucina e mi scaldo il caffè con il microonde.
martedì 23 luglio 2013
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